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mercoledì 27 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #13



30 GIORNI DI LIBRI



#13: IL LIBRO CHE IN QUESTO MOMENTO HAI SULLA SCRIVANIA



E dalla narrativa passiamo alla saggistica.
Il libro che volevo mostrarvi che si trova sulla mia scrivania è uno curato da una delle scienziate e persone mie connazionali che più stimo, ovvero Margerita Hack. Ho già avuto modo di partecipare ad una delle sue conferenze e, se già prima amavo alla follia l'astronomia, lei me l'ha fatta adorare ancora di più. Rientramo nell'ambito di studio in cui io vorrei puntare, ovvero l'archeoastronomia, il legame cioè fra le antiche civiltà del passato e il loro legame con il resto dell'universo, la loro visione del mondo. 

sabato 23 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #12


30 GIORNI DI LIBRI



#12: UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI LEGGERE



Non si tratta propriamente di un libro o, meglio, di un'opera narrativa. Ma sta di fatto che separarmi dall'Amleto di Shakespeare è quasi impossibile.
È vero che da quando l'ho studiato al liceo, benché amassi Hamlet già da prima, in lingua originale, leggere la parte italiana per me è un po' una sofferenza, perciò non mi stancherò mai di leggere lo screenplay originale.
In un modo o nell'altro, tutti conoscerete la storia di Amleto. Se non attraverso la versione cartacea, attraverso quella teatrale (io ho avuto modo di vedere l'adattamento del film di Zeffirelli a teatro con Alessandro Preziosi: anche se il mio sogno sarebbe quello di vederla a teatro fatta dalla Royal Shakespearean Company, il che significa volare fino in Inghilterra), o appunto quella cinematografica (di Kenneth Branagh, o di Zeffirelli, o una recente della Royal Shakespearean Company con David Tennant, un adattamento moderno).
E per mostrare la meraviglia che è questa storia, non basterebbe questo post. 






giovedì 21 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #11


30 GIORNI DI LIBRI



#11: UN LIBRO CHE PRIMA AMAVI E CHE ORA ODI


Mi ricordo che "Il codice Da Vinci" l'ho letto quando ero ancora alle medie.
All'epoca ero ossessionata dalle storie thriller, dai misteri, da sette segrete e dagli enigmi. Il problema è che poi sono cresciuta e, appassionandomi al "mestiere" dello scrittore, mi sono saltati agli occhi i molti difetti di questo libro.
Primo fra tutti, il tipico pessimo stile di scrittura americano.
È uno stile asettico, uguale per la maggior parte degli scrittori americani che dà quell'odioso senso di preimpostato. Questo mi ha fatto un po' odiare questo libro, benché l'abbia molto amato in passato.
La storia di per sé è passabile. Insomma, non è che sia tutta questa originalità, risolvere un omicidio attraverso degli enigmi. Anche se comunque ha il suo fascino, soprattutto per me se è ambientata in una galleria famosa come quella del Louvre in piena notte, quando non c'è nessuno. Ed è comunque apprezzabile l'ammontare delle ricerhce che l'autore deve aver fatto (o chi per lui), il che comunque rientra nello standard dell'autore americano.
Da non credente, la cosa "dello scandalo" non l'ho mai percepita. C'è da dire anche che per amor della sua storia, che voleva mostrare l'equazione santo graal = discendenza di Cristo, comunque non ha riportato la mancanza di testimonianze contemporanee da parte dei romani sulla figura di Gesù Cristo.
A parte questo, il fatto che i libri - sia questo che il praticamente uguale Angeli e Demoni - si concludano con il sesso o la promessa del sesso fra i due (etteppareva, sembrava troppo strano che mancasse questo elemento in un medio romanzo americano), fa un po' scadere l'intera storia.
Con queste e molte altre considerazioni, questo libro ora non mi invita a rileggerlo. Non l'ho mai fatto e credo non lo rifarò mai.  

domenica 17 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #10



30 GIORNI DI LIBRI



#10: UN LIBRO DEL TUO AUTORE PREFERITO



Nel corso di questa rubrica, mi è già capitato - e mi capiterà di parlare ancora - di libri che mi piacciono e di autori che considero i miei preferiti. Ma se non voglio finire a parlare dello stesso libro, devo distribuirli fra le domande. Il punto è che non ho un solo autore preferito. Fra i miei autori preferiti rientrano, per ora: Borges, Salinger, Bradbury, Gaiman, Adams, Shakespeare, Fante, Orwell, Poe, Doyle, eccetera: di molti di loro ho già parlato o parlerò a breve. Quindi per rispondere alla domanda, ho scelto fra i libri dei citati autori un altro che considero profetico quasi quanto 1984.


Benché io ami Cronache Marziane e sia particolarmente affezionata al racconto Usher II (che fra l'altro rimanda a Poe), Fahrenheit 451 ha descritto appieno e con straordinaria precisione molte delle tendenze dell'umanità, alcune pienamente raggiunte (magari non nei termini precisi definiti da Bradbury, ma è soprendente pensare che questo libro, come quello di Orwell, risalga agli anni 50.).
Ray Bradbury, che fra l'altro è scomparso proprio a Giugno dell'Anno scorso (e che ho voluto ricordare nel post l'uomo dell'autunno) ci catapulta in un altro mondo futuro, apparentemente utopico. Ma in realtà è distopico. La cultura non esiste più. I libri sono una minaccia. I libri vanno bruciati (e da qui il titolo, che fa riferimento alla temperatura in cui brucia la carta). Non c'è spazio per i libri. 
Mentre c'è spazio per la televisione. Una enorme televisione, una realtà praticamente parallela con la quale si può interagire, addirittura far parte dei programmi stando comodamente seduti da casa propria.
Il protagonista è Guy Montag. All'inizio fa parte del sistema: ha il compito ingrado di essere un Vigile del Fuoco. Ma visto che siamo comunque in una sorta di futuro, gli incendi non scoppiano neanche più, anche perchè le case sono fatte ormai tutte di materiale ignifugo. No, vedete, il compito dei Vigili del Fuoco, in questo futuro, è quello di appiccare gli incendi. Più precisamente, appiccare gli incendi ai libri. E se il propretario si rifiuta di consegnarli, appiccare il fuoco pure a lui. 
Guy comincia a rendersi conto che la cosa non va bene, che i libri non vanno bruciati, e invece di bruciarli comincia a salvarli. Ne legge solo uno: e sarà proprio il libro che lui dovrà rappresentare. Perché, benché quasi tutti i libri siano andati distrutti, esiste un gruppo di persone che, tramite l'ipnosi, riesce a cavare dalla memoria tutto quello che ha letto e recitarlo ad alta voce ad un erede in punto di morte. Le persone stesse, pur di salvare la cultura che rappresenta l'umanità, diventano i libri che custodiscono.
Ho sempre considerato questo libro come un monito. Il monito di non lasciarci privare della nostra cultura. I libri ne sono una rappresentazione, sono un mezzo d'espressione fondamentale per l'essere umano. Sono nati appunto per permettere alla cultura di essere alla portata di tutti. Distruggerli, significa creare un popolo di persone ignoranti e facilmente malleabili (alle quali potrebbero, ad esempio, essere inculcati i fondamenti di un IngSoc: per questo motivo, la mia mente collega sempre questo libro a 1984).
Insomma, non smettete mai di leggere. 
Divorateli quei libri.
Proteggeteli quei libri.
I libri non vanno bruciati, vanno custoditi.

Citazioni:
"C'era un buffissimo uccello, chiamato Fenice, nel più remoto passato, prima di Cristo, e questo uccello ogni quattro o cinquecento anni si costruiva una pira e ci si immolava sopra. Ma ogni volta che vi si bruciava, rinasceva subito poi dalle sue stesse ceneri, per ricominciare. E a quanto sembra, noi esseri umani non sappiamo fare altro che la stessa cosa, infinite volte, ma abbiamo una cosa che la Fenice non ebbe mai. Sappiamo la colossale sciocchezza che abbiamo appena fatta, conosciamo bene tutte le innumerevoli assurdità commesse in migliaia di anni e finché sapremo di averle commesse e ci sforzeremo di saperlo, un giorno o l'altro la smetteremo di accendere i nostri fetenti roghi e di saltarci sopra. Ad ogni generazione, raccogliamo un numero sempre maggiore di gente che si ricorda."

"Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di "fatti" al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d'essere "veramente bene informati". Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affiché possano pescare con questi ami fatti ch'è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza. "





venerdì 15 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #09



30 GIORNI DI LIBRI



#09: UN LIBRO CHE TI HA FATTO CRESCERE




La prima volta che lessi 1984 mi colse un forte senso d'angoscia.
L'angoscia della verità. Perché benchè sia ambientato in un futuro distopico, i collegamenti con la nostra realtà e la società in cui viviamo, fanno venire i brividi da quanto sono reali e vividi.
Con tutta probabilità, molti di coloro che  giungeranno su questo post non avranno mai sentito nominare questo libro. Ma mi basterà estrapolare da esso una sola espressione che vi risulterà familiare: Grande Fratello. No, non sto parlando di quella trasmissione di bassisimo profilo culturale che ci stanno propinando da una decina di anni a questa parte. Benché l'origine dell'espressione provenga proprio da questo libro, il format televisivo e il Grande Fratello di Orwell rappresentano solo un pessimo caso di omonimia. Il Grande Fratello di Orwell è sì una entità non ben definita che nessuno ha visto se non nei manifesti, un uomo dai folti baffi che osserva tutti i cittadini dall'alto dei manifesti, una rete di stretto controllo visivo-uditivo 24h/24, il capo assoluto del governo, ma non è un'entità che si mette a spiare dei poveri idioti in una casa. Spia tutti quanti. Alla ricerca di ogni minima alterazione del sistema, alla ricerca di ogni minimo cenno di libertà individuale.
Sì, perché nel mondo di Orwell non esiste la libertà. Non esistono nemmeno più i legami amorosi o affettivi. La castità femminile è esaltata come una virtù, l'atto sessuale è visto come mero mezzo per la riproduzione (quindi programmato), i figli, le nuove generazioni, sono pronti a tutto pur di compiacere il sistema, arrivando persino a denunciare i propri genitori (e quindi condannarli a morte).
Ci troviamo di fronte ad un mondo in cui non c'è spazio per i sentimenti, non c'è spazio per le parole o l'arte, non c'è spazio per la verità o per il passato, inghiottito dalla tecnica del bispensiero (tecnica che da molti è messa in atto). In cui il Ministero dell'Amore gestisce gli affari di guerra, il Ministero della Verità si occupa di costruire menzogne. Un mondo in cui esiste il bene, rappresentato dall'Ingsoc, l'unico partito che gestisce il governe, e il male, rappresentato da un unico grande nemico (che nessuno ha mai visto, se non nei manifesti o attraverso la televisione).
E in questo mondo traviato, oppresso, ma dove nessuno ha la volontà di ribellarsi (non per la paura, ma perché nessuno vede il senso di ribellarsi o lamentarsi), dove anche il solo pensiero contro il partito è un reato di competenza della psicopolizia, Winston Smith, l'ultimo uomo in europa (come soleva definirlo Orwell), lotta per mantenere l'ultimo briciolo di umanità, per mantenere quell'ultimo briciolo di coscienza che lo porta a realizzare quanto sia sbagliato il mondo in cui vive, che lo porta all'amore per Julia, un amore segreto perché l'amore, nel suo mondo, è proibito.
Quindi sì, lo trovo un libro importante, che tutti dovrebbero leggere.
Un libro anche profetico, come del resto lo era stato anche La fattoria degli animali. 

Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell'intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell'intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere

O la frase che mi ha sempre dato i brividi:

 "Come posso fare a meno di vedere quel che ho dinanzi agli occhi? Due e due fanno quattro!.""Qualche volta, Winston. Qualche volta fanno cinque. Qualche volta fanno tre. Qualche volta fanno quattro e cinque e tre nello stesso tempo. Devi sforzarti di più. Non è facile recuperare il senno."






Guida Galattica per Autostoppisti: le vignette

Per fare un po' di pratica con l'arte del fumetto, ho deciso di dedicarmi alla messa in "vignette" della celebre opera di Adams "Guida Galattica per Autostoppisti".
Ovviamente non sarà niente di che, visto che non sono una professionista, ma ritengo che sia un ottimo modo per far pratica e far maturare il disegno.

Questa è la prima vignetta di quello che sperò sarà una lunga serie!

Bozza fatta con Paint Tool Sai & Bamboo Pen


mercoledì 13 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #08


30 GIORNI DI LIBRI



#08: UN LIBRO CHE CONSIGLIERESTI



Se volete leggere un libro e non avete mai avuto modo di leggere Guida Galattica per gli Autostoppisti, fatelo.



Arthur Dent è un uomo come un altro. 
Si sveglia una mattina con i postumi della sbornia e sembra non far caso al bulldozer fermo sul viale che porta alla sua casa. Si rade, fa colazione, esce e si sdraia davanti alle ruspe per evitare che gli demoliscano la casa per avere lo spazio necessario per costruire un'autostrada. 
Ford Prefect sembra un uomo come un altro. Ma non lo è affatto. Lui è infatti un alieno, proveniente da un pianeta che ruota intorno alla stella di Betelgeuse (per chi non lo sapesse, è una stella della costellazione di Orione), giunto sulla terra 15 anni prima per aggiornare la "Guida Galattica per gli Autostoppisti", uno dei libri più conosciuti dell'intero universo.  Ford Prefect arriva a convincere l'amico ad alzarsi e a raggiungerlo in un pub perché deve parargli urgentemente. Arthur Dent si lascia convincere e, mentre gli distruggono la casa, Ford Prefect gli dice la verità: lui è un alieno e la terra sta per essere distrutta. 
Un paio di minuti dopo, infatti, le astronavi Vogon invadono l'atmosfera terreste avvisando che quell'insignificante pianeta si trova nella traiettoria della nuova autostrada galattica e che per questo deve essere distrutta con effetto immediato. Prima che la terra venga distrutta, Ford Prefect (da perfetto autostoppista qual è ), trascina l'amico Arthur Dent su una navicella Vogon grazie ai cuochi che decidono di accogliere la loro richiesta di autostop. 
Questo è l'inizio di un'avventura che non si pone limiti nella surrealità, nell'improbabilità e nella completa (ma sana) follia. Dire che l'ho trovato geniale sarebbe riduttivo. Era da tempo che un libro non mi prendeva così da costringermi a finire un libro in sole tre ore. Non mi sono nemmeno azzardata a fare una pausa: questo è un libro che richiede una attenzione costante e soprattutto la continuità tanto reclamata da Poe. Solo immergendosi completamente si può apprezzare questo libro. Continuo a chiedermi come ho fatto ad aspettare tanto per leggerlo. Per fortuna, una volta tanto, la legge di murphy non ha influito e mi ha fatto trovare una edizione molto recente di questo libro in un negozio di libri usati  (a un euro!). 
Raramente mi trovo a divorare un libro. Forse perché sono abituata a tutt'altro tipo di libri che richiedono una attenzione solo per il lessico e la forma (tipo il Silmarillion). Questo libro invece ti DEVE scorrere addosso, altrimenti non riusciresti a seguire tutte le scene surreali e impreviste di cui questo libro è composto.
Scene che sembrano sconnesse fra loro, ma che nella logica (se di logica si può parlare) del libro si scoprono tutte collegate: non è infatti un'accozzaglia di cose senza senso e senza scopo. Certo, ha i suoi picchi di demenzialità, tipo che la tortura dei Vogon è data dalla lettura delle loro orrende poesie, ma non è mai volgare o incredibilmente stupido da non essere apprezzato. È una demenzialità geniale, come geniale - torno a ribadire - è tutto il resto.

Insomma, non consiglio solo questo libro, ma tutto il ciclo della Guida Galattica scritta da Douglas Adams, noto autore radiofonico e non inglese, sceneggiatore anche della arcinota serie tv Doctor Who, un talento che è venuto a mancare prematuramente. 
Leggete questo libro e, mi raccomando: DON'T PANIC!



martedì 12 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #07


30 GIORNI DI LIBRI



#07: IL LIBRO CHE TI DESCRIVE



Ho pensato molto a che libro potesse descrivermi. Di solito le mie letture riguardano mondi in cui a fatica ci si può immedesimare e dichiarare "sì, questo libro mi descrive."
Poi mi sono resa conto, rifacendo la lista dei miei libri preferiti, che effettivamente dei libri che mi descrivono ci sono. L'altro libro lo tratterò nel punto in cui c'è scritto "Un personaggio che ti descrive", quindi non lo tratterò anche qui.
Chiedi alla polvere è sostanzialmente la storia di uno scrittore emergente, Arturo Bandini, figlio di immigrati di origine italiana che negli anni 50 si stabiliscono in america. John Fante è passato per decenni in sordina, riscoperto e portato alla ribalta da Charles Bukowski. 
Perché rappresenti molto uno scrittore, è facile intuirlo. Arturo Bandini altri non è che l'alter-ego di John Fante stesso e, in senso traslato, l'alter-ego di tutti gli scrittori anche odierni. I sogni ad occhi aperti, gli interi film mentali in cui lui immagina di dare le risposte in un'intervista, i giorni passati nell'attesa della risposta per una pubblicazione. Insomma, il contesto storico ci riporta indietro di decenni, ma la figura di Arturo Bandini, come scrittore, è a mio parere ancora odierna.
Oltre a questo, il libro tratta di altri temi: tratta del peso di una inferiorità sociale, data dall'essere un immigrato straniero nel suolo americano. Tratta di un amore burrascoso con una cameriera messicana, Camilla, che in realtà l'amore verso Bandini non l'ha mai provato. In una vita che lui avrebbe voluto perfetta come la trama di un romanzo a lieto fine ma che si rivela essere tutt'altro che perfetta, arrivato alla pubblicazione di un romanzo ma  alla fine improvvisa di un amore mai esistito, Arturo Bandini dedica una copia del suo romanzo a Camilla e la scaglia nel deserto.
Chiedi alla polvere. 
Perché mi rappresenta? Perché mostra la divisione a cui noi scrittori siamo sottoposti. Io personalmente mi sento divisa fra la volontà di vivere in un mondo perfetto, che poi è quello dei libri che creo, o se non perfetto dove ho il completo controllo, mentre la realtà è un luogo pieno di casualità e noi rimbalziamo da un evento all'altro senza avere un effettivo controllo. E il più delle volte, i nostri film mentali si devono scontrare con la dura realtà.

..e la biblioteca con i grossi nomi degli scaffali, il vecchio Dreiser, il vecchio Mencken, tutta la banda riunita che andavo a riverire. Salve Dreiser, ehi Mencken, ciao a tutti, c'è un posto anche per me nel settore della B, B come Baldini, stringetevi un po', fate posto ad Arturo Bandini. Mi sedevo al tavolo e guardavo verso il punto in cui avrebbero messo il mio libro, proprio lì, vicino ad Arnold Bennett; niente di speciale quell'Arnold Bennett, ma ci sarei stato io a tenere alto l'onore delle B, io, il vecchio Arturo Bandini, uno della banda.






lunedì 11 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #06


30 GIORNI DI LIBRI



#06: IL LIBRO PIU' CORTO CHE TU ABBIA LETTO: IL VECCHIO E IL MARE


Un altro grande classico del Novecento.
Credo sia stato uno dei primi classici moderni che ho avuto il piacere di leggere, ovviamente firmato Hemingway. Un libro che è valso a Hemingway, oltre che al Pulitzer, pure il Nobel.
La trama pone al centro il vecchio Santiago e la sua lotta come pescatore contro un pesce, una lotta che lo costringe a passare diversi giorni in mezzo al mare, mostrando l'uomo come eterno lottatore contro la Natura, ma anche rispettoso nei confronti della natura stessa, rappresentata dal pesce.
Non voglio dilungarmi molto, perché si tratta comunque di un libro molto conosciuto. Perciò concluderò citando una delle mie frasi preferite:

L'uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto, ma non può essere sconfitto.
Ho ho ho.
A neanche un mese dal primo compleanno del forum, siamo arrivati a quota 1000 paggeviù.
Perciò mi sembrava doveroso un grazie a tutti là fuori, che venite a spidocchiare - o capitate per sbaglio - questo miiiinuscolo pezzo di internet.
Loki sta già festeggiando per l'occasione.

Ehm.

domenica 10 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #05


30 GIORNI DI LIBRI



#05: IL LIBRO PIU' LUNGO CHE TU ABBIA LETTO


E qui scadiamo nel classico.
Suppongo che sia stato il libro più indicato, sotto questa domanda. Il mio primo impulso era stato quello di rispondere con "La Divina Commedia", ma la verità è che non l'ho mai letta tutta (posso dirlo liberamente, ho già finito il liceo da tempo).
Invece di questo, oltre che tutti i libri che compongono la trilogia, ho letto appendici, alberi genealogici e cronologia della terra di Mezzo, per un totale di circa 1500 pagine.
Sì, un mattone.
Ma un mattone che vale la pena di leggere.
Se non vi piace uno stile più aulico di quello moderno, lasciate perdere.
Serve presentare questo libro? Siamo nel classico più classico moderno. Anche se non vi piace il fantasy, molto probabilmente avrete già sentito parlare della trama e di quel che accade in questo libro o ve ne sarete comunque fatti un'idea. Perciò non perderò altro tempo, questo libro si presenta da sé.


giovedì 7 febbraio 2013

Quando Sherlock giunge ai giorni nostri

QUANDO SHERLOCK GIUNGE AI GIORNI NOSTRI


"I'm not a psychopath, Anderson. I'm an highly functioning sociopath. Do your research!"



Lo ammetto. 
Quando sono venuta a conoscenza che la BBC aveva realizzato e trasmetto una versione di Sherlock Holmes ambientata ai giorni nostri, ero molto scettica. Tant'è che ci ho messo molto a prendere il coraggio di guardarla. La serie tv, realizzata da Moffat e Gatiss, aveva riscosso subito successo. Il che mi aveva reso ancora più sospettosa: mi aveva reso sospettosa soprattutto Moffat, in quanto in Doctor Who aveva dimostrato sì una spiccata genialità, ma una infinita quantità di buchi logici e lacune.
Un giorno, prendo coraggio e guardo la prima puntata della prima serie, temendo avessero addolcito la figura di Holmes come spesso accade. Insomma, parliamoci chiaro: Holmes non è assolutamente  un animale sociale o un gentiluomo, e si droga per colmare la mancanza di casi e indagini, spara alla parete quando è annoiato, è una persona estremamente e fermamemente logica. L'unica cosa che mi confortava era l'idea che nel ruolo di John Watson ci fosse Martin Freeman, former Arthur Dent nell'adattamento cinematografico di Hitchhiker's Guide to Galaxy e ovviamente tornato alla ribalta come interprete di un giovane Bilbo Baggins ne Lo Hobbit. Benedit Cumberbatch non mi convinceva affatto. Troppo giovane: insomma, Holmes ha una certa età nei libri. Pensavo non fosse all'altezza del personaggio.
Ma mi sbagliavo.
Eccome se mi sbagliavo.
Penso sia stato il primo adattamento dei libri di cui io non mi sia lamentata affatto. L'ho amato al 100%. Anche i film di recente impronta americana, diretti da Guy Ritchie con Robert Downey Jr. e Jude Law, mi avevano soddisfatto: non del tutto, però, in quanto nel primo lamentavo la presenza di troppe scene d'azione,  e nel secondo il ribaltamento della figura di Holmes non mi era piaciuto affatto (tralasciamo tutte le scene abbastanza esplicite fra lui e Watson al limite del ridicolo e che hanno accontentato solo le slash fangirl.)
Insomma, Sherlock mostra l'ennesima capacità degli inglesi di creare una serie tv. Anche se non è una serie tv come le altre: gli episodi che compongono le due serie sono solo tre (quindi sei in tutto); però sono della durata di un'ora e mezzo-due ore ciascuno. Praticamente dei film. 
Non farò un commento completo degli episodi, perché voglio lasciarvi il piacere di conoscere questa serie da soli, episodio dopo episodio. Ma vi assicuro che ne vale davvero la pena.

"Sherlock, put your trousers on!"
"What for?"


30 Giorni di Libri #04

30 GIORNI DI LIBRI



#04: IL LIBRO PIU' BRUTTO CHE TU ABBIA LETTO


Questo è un punto un po' delicato: insomma, soprattutto per il titolo che ho scelto, è probabile che urterò la sensibilità di qualche fan del genere. Il problema è che i gusti sono gusti e i miei gusti - ma anche un briciolo di logica - mi hanno impedito di considerare bello il libro che adesso esporrò.
Per chi mi conosce, questa scelta non è una novità: per me, uno dei libri più brutti che abbia letto è proprio "Breaking Dawn", della stranota Meyer, quarto e ultimo libro di una saga che ha scartravetrato le scatole, conquistato tutto il mondo.
Premetto che l'ho letta. Sì, l'ho letta. Ho letto tutti e quattro i libri. Dopo le prime due pagine di Twilight, mi ci è voluto un mese per riprendere coraggio e portare fino a fondo la lettura. Sì, è stato masochismo. Sì, ho promesso a me stessa che non avrei mai più fatto una roba del genere e infatti tutti i libri che sono assolutamente illeggibili (come quelli di molti esordenti italiani e fenomeni letterari di tutte le nazionalità) vengono direttamente cestinati o rispediti al mittente. Ma almeno non potete accusarmi di giudicare una cosa che non conosco, AH!
Se Twilight era un romanzetto abbastanza leggibile, non un fenomeno letterario ma neanche una schifezza assoluta - ho letto cose di gran lunga peggiori di questo - , la poca qualità del prodotto ha subito una tragica caduta con l'andare in avanti della saga.
Praticamente, gli altri tre libri sono stati un girare e rigirare la frittata, allungare il brodo, insomma, la tipica manovra commerciale per spillare i soldi a tutti i teenager (ma anche casalinghe disperate) che si sono lasciati abbindolare da questo fenomeno letterario.
E qui si è giunti alla schifezza più totale.
Apparte l'enorme cavolata per cui un vampiro - freddo perché manca gli manca il sangue e la circolazione sanguigna - è riuscito a concepire una figlia, una serie di altre cavolate hanno contribuito ad affossare del tutto questa storia già dall'inizio priva di senso. Forse la cosa che più mi ha lasciato interdetta è che l'altro "grande amore" di Bella, Jacob, abbia avuto il suo "imprinting" con la figlia appena nata. CIOE' MADDAI. Poi Bella diventa una vampira: ma già dall'inizio è una vampira straordinaria, insomma, non ha sete di sangue. MADDAI.
Insomma, in definitiva, sia a livello di trama che di scrittura - Breaking Dawn è uno dei libri più brutti che abbia mai letto.


mercoledì 6 febbraio 2013

30 Giorni di Libri #03


30 GIORNI DI LIBRI



#03: IL TUO PERSONAGGIO PREFERITO DI UN LIBRO CHE HAI LETTO



Ho pensato a lungo a quale personaggio mi avesse particolarmente colpito. Il primo pensiero è andato ad uno dei personaggi letterari più conosciuti al mondo, riproposto in tremila salse, fra cui rimando ad un adattamento moderno piuttosto recente ad opera di Moffat e Gatiss Sherlock mandato in onda sulla BBC.
Sherlock Holmes è sempre stato un personaggio controverso, amato e odiato anche dallo stesso scrittore. Ovviamente, il fatto che faccia parte di una serie di avventure, e non si limiti ad un solo libro, ha permesso un approfondimento del suo personaggio che poi me lo ha fatto amare.
Sherlock è un investigatore privato inglese. Vive nella seconda metà dell'Ottocento, quindi nell'inghilterra vittoriana. Ma non è una persona comune. Non è un semplice investigatore. Sherlock Holmes è un genio. Con la sua "scienza della deduzione" è stato in grado di dimostrare che ogni minimo particolare può fornire indizi e creare ipotesi molto di più delle tracce macroscopiche e infatti la polizia si rivolge a lui quando non sa più dove sbattere la testa (il che, come sottolinea Holmes, accade abbastanza spesso).
A ritrarre Holmes, è il suo prima coinquilino e poi amico Watson, un medico militare in ritorno dall'Afghanistan che, cercando un appartamento a Londra, si imbatte in Sherlock Holmes. Sherlock ovviamente mostra subito le sue abilità a John che, perplesso, all'inizio pensa sia tutta una messa in scena: quando si rende conto che le abilità di Holmes sono reali, la sua stima cresce fino a diventare amicizia. 
Watson dipinge il ritratto di un genio. Ma un genio che ha deciso di dedicare la sua vita alle investigazioni criminali e agli esperimenti chimici, che lui adora. Tutto il resto, sono informazioni inutili. John all'inizio della convivenza fa addirittura una lista delle conoscenze di Holmes: Holmes ha molte lacune, soprattutto su tutto quello che non riguarda il uo lavoro, per cui informazioni come il fatto che la terra giri intorno al sole vengono direttamente cestinate nel cervello di Holmes, perché non hanno alcuna rilevanza con il suo lavoro.
Sherlock Holmes, oltre a essere un genio, ha tanti tratti della personalità che lo rendono all'opposto di quello che potrebbe essere un english gentleman. Innanzi tutto, ha conoscenze per quanto riguarda la lotta corpo a corpo: sia è un eccellente pugile, sia ha ottime conoscenze del baritsu, come lui stesso dice. Poi si potrebbe dire che soffre di una sorta di bipolarismo: ci sono giorni in cui non dorme nemmeno, quando è preso talmente tanto dai crimini e dagli esperimenti, e giorni in cui non si muove di casa, in cui il suo cervello si annoia. Per riempire il vuoto mentale data dall'assenza di casi a cui lavorare, Holmes si dedica al fumo o - in casi più sporadici - alle iniezioni di cocaina e morfina, quando non è impegnato a sparare contro il muro per formare, con le pallottole, la sigla VR (Vittoria Regina).
Inoltre, Holmes è un mago dei travestimenti, tanto da ingannare più di una volta Watson stesso.
Insomma, Holmes è un personaggio poliedrico, eclettico, affascinante. Un genio dalla memoria eidetica che ama il suo lavoro, che non si interessa dell'amore (anche se la cosa più simile ad un sentimento amoroso che ha avuto è stato con Irene Adler, una donna criminale che è riuscita a fregarlo. Anche se sembra più ammirazione che amore, o entrambi, tant'è che si è fatto pure dare una sua fotografia). 

"La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell'esistenza."
e ancora, una sua citazione che mi piace molto:
"Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare." 
Insomma, Conan Doyle magari non nutriva particolare affetto nei confronti di Holmes, anzi, era arrivato addirittura a odiarlo perché il suo personaggio era più conosciuto di lui; a me personalmente è entrato nel cuore. 




domenica 3 febbraio 2013

30 giorni di libri #02

30 GIORNI DI LIBRI

#02: LA TUA CITAZIONE PREFERITA

E qui scivoliamo nello sconforto più totale. Ho qualche citazione preferita e non me la sento di differenziare, anche perché trattano di argomenti diversi. Ragion per cui ho deciso di elencarvele tutte, o quasi. Probabilmente farò un'altro post con una raccolta più completa delle citazioni che ho raccolto nelle mie ore da lettrice. 



Citazione numero 1: 

da "L'immortale", J.L.Borges. Racconto incluso nella raccolta "El Aleph".

"Accettiamo facilmente la realtà, forse intuiamo che nulla è reale"

e, sempre da "L'immortale":

"Come Cornelio Agrippa, io sono dio, sono eroe, sono filosofo, sono demonio e sono mondo. Il che è un modo complicato di dire che non sono."








Citazione numero 2

dal ciclo della "Guida Galattica", Douglas Adams.

"In the beginning, the universe was created. This has made a lot of people very angry and had been widely regarded as a bad move."











Citazione numero 3

dalle tragedie di William Shakespeare.

"Life is nothing but a walking shadow, a poor player
that struts and frets his hour upon the stage
and then is heard no more;
it is a tale told by an idiot, full of sound and fury,
signifying nothing."
Macbeth







Citazione numero quattro

da "American Gods" di Neil Gaiman

"È sui sensi che fondano le nostre convinzioni, sono gli unici strumenti di cui disponiamo per fare esperienza: la nostra vista, il tatto, la memoria. Se i nostri sensi ci mentono, allora non abbiamo niente di cui fidarci. E anche se non crediamo a ciò che ci dicono, non abbiamo altro modo per viaggiare che quello di seguire la strada che essi ci indicano, ed è una strada che dobbiamo percorrere fino in fondo."







e l'ultima, una delle mie preferite, direttamente dall'antico Egitto:

"L'uomo decade, il suo corpo è polvere, tutta la sua stirpe è perita; ma un libro fa sì che sia ricordato attraverso la bocca di chi lo recita"

Autore anonimo, Papiro Chester-Beatty IV