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venerdì 15 marzo 2013

Racconto del mese #01

Racconto del mese



Inaugurio questa nuova rubrica con un breve esperimento ispirato a Jorge Luis Borges. 


Labyrìnthos

Questo carcere di pietra è la mia esistenza.
Non esiste nulla al di fuori di esso.
Io sono l’unico essere vivente e di questo luogo io sono il guardiano. Sono io a decidere quel che è destinato ad accadervi. Io sono l’unico: la mia parola è legge; le mie azioni, giustizia.
Sebbene in passato mi fu insegnato a chiamarlo carcere, questo luogo non è tale per me. È la mia casa ed è grande come il mondo. Mi appartiene più di quanto io non appartenga ad essa e se mio è il compito di proteggerla, suo è il compito di proteggere me.
Conosco ogni singola parte di questa mia casa. Ogni sezione si ripete all’infinito, la casa stessa si ripete all’infinito, come una specie di sortilegio perverso. Tuttavia, il luogo dove si colloca l’uscita non è più un segreto già da tanto tempo: potrei andarmene, se lo volessi. Ma non rientra nei miei desideri.
Io sono l’unico. Se anche desiderassi andarmene, dove dovrei recarmi? Dovrei rischiare forse di cadere nel vuoto, di perdermi nella non-esistenza? Non esiste nulla al di fuori di questa casa. Non esiste nulla al di fuori di me.
La quiete e la solitudine della mia casa non mi pesano: il pensiero di altri è solo una sfumatura dei ricordi o la memoria di un sogno. Io sono l’unico rimasto. Io sono l’unico.
Nulla turba la quiete della mia esistenza. Il silenzio è il mio unico compagno.
Solo un incubo ricorrente sembra tormentarmi. Chiudo gli occhi, seduto sul mio trono di pietra nel cuore della mia casa, e attendo. Attendo quei rumori frutto delle allucinazioni, quelle grida che non appartengono ad alcun essere che io conosca. E come ogni anno, quei suoni figli dell’incubo tornano a tormentare la mia esistenza.
Mi allontano dal mio trono di pietra. Queste allucinazioni non finiranno da sole, sono io che devo porre loro fine.
Il labirinto è la mia casa. So esattamente dove queste allucinazioni si trovano. Le raggiungo. Creature dell’orrore, fuori da ogni mia immaginazione, che parlano un idioma a me sconosciuto. Figure minute, spelacchiate, urlanti e tremanti, che cercano di attaccarmi, di farmi del male. Creature che nascono dal buio, dalla parte più oscura della mia mente. 
Creature che non esistono. Come possono esistere, se io sono l'unico? 
Vogliono insinuare il dubbio in me, far crollare il mondo di cui sono il sovrano. 
No, non ci riusciranno. Io sono l'unico e questi incubi non prevarranno su di me.
Muoiono con facilità, schiacciate sotto il peso dei miei zoccoli. L’orrido liquido rosso imbratta il pavimento della mia casa, ma so che non è altro che un sogno e che presto ne svanirà ogni traccia. Anche quei corpi cesseranno di esistere.
Perché io sono l’unico.
Non esiste nessuno al di fuori di me.

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